Come è possibile però che i rendimenti dei Bund decennali abbiano toccato l'1%, il massimo da novembre 2014, per poi tornare poco più sotto? Le nuove stime sull'inflazione nell'Eurozona, vista in rialzo (a maggio +0.3%) e conferma degli effetti delQuantitative Easing della BCE, hanno dato impulso alle vendite e al rialzo dei tassi; in più vanno considerate le parole di Mario Draghi sull'alta volatilità dei mercati pronunciate mercoledì 3 giugno che c'è e ci sarà nel prossimo periodo: l'insieme dei due effetti ha portato ad un'impennata delle vendite e quindi dei rendimenti del Bund tedeschi, nel complesso un crollo dei Titoli di Stato decennali della Germania che non ha precedenti nella storia dell'euro.
Da segnalare che l'aumento degli interessi dei Bund ha effetti sui mutui a tasso fisso perchè il loro parametro di riferimento, l'Eurirs, è agganciato appunto ai rendimenti dei Titoli tedeschi e quindi sono in corso aumenti; invece lo spread Btp-Bund, cioè la differenza tra i rendimenti dei Titoli di Stato italiani e tedeschi, spesso usato come indice di stabilità finanziaria, rimane stabile a 130 perchè gli interessi sono aumentati anche per le nostre obbligazioni (chiusura del 3 giugno a 2.28%).
L'andamento dei rendimenti dei Bund tedeschi decennali negli ultimi tre mesi |
Bund tedeschi legati all'inflazione: Titoli di Stato simili al Btp, la Germania è pronta
Il QE della BCE ha tra le sue ragion d'essere la lotta all'inflazione troppo bassa e alla stagnazione economica: si può dire che per ora sembra funzionare, entrambe sono in risalita e l'euro sta tenendo, anzi qualcosa lo sta pure recuperando sul dollaro. Ecco allora che la Germania, per anticipare il ritorno dell'inflazione a livelli "normali" e per arginare la fuga dai suoi Titoli di Stato ha dato mandato alla banca d'affari Goldman Sachs ed ad altri istituti di prepare il collocamento di un Bund con scadenza a 30 anni indicizzato all'inflazione.Una novità assoluta e che si inserisce in un contesto di alta volatilità per i Titoli di Stato che però rimarranno con rendimenti bassi per ancora un bel periodo, sempre a causa del QE e dell'acquisto massiccio di bond che implica, una volatilità che la BCE non potrà nè vorrà arginare come ha fatto intendere il governatore Mario Draghi durante la consueta conferenza seguita al board (confermati gli attuali livelli del costo del denaro e degli altri tassi di interesse di riferimento).
Ma per quanto bassi, i rendimenti dei Titoli di Stato europei comunque saliranno un po' nei prossimi mesi, sempre restando ballerini, proprio per le migliori prospettive economiche e sull'inflazione che la politica monetaria della Banca Centrale Europea sta attuando. Sempre Bill Gross ha ipotizzato per i Bund decennali un imminente 1.5%. Anche i rendimenti dei BTP italiani a 10 anni stanno facendo segnare rialzi, giunti al 2.2% con 100 punti base in più rispetto a marzo.
Che conseguenze per chi ha comprato Titoli di Stato europei a tasso nei mesi passati, quando i rendimenti erano al minimo ed i prezzi al massimo pensando che tanto "la BCE col QE compra Titoli tenendo bassi i rendimenti e alti i prezzi"? Cosa cambia con questi sbalzi degli interessi e l'aumento delle vendite, e quindi con i prezzi in discesa? Purtroppo per questi investitori le perdite nel portafoglio sono sensibili, dovuti ad un rialzo dell'inflazione più rapido del previsto (tenete conto che secondo gli analisti della BCE il vero aumento deve ancora arrivare) che spinge al rialzo i tassi nominali per lasciare invariati i rendimenti reali, ma anche alla mancata azione contro la volatilità, che come abbiamo detto non è comunque nei piani della Banca Centrale.
Come dice Vito Lops su Il Sole 24 Ore: "Chi si è imbottito di Titoli a reddito fisso a lunga scadenza durante il QE ha sottovalutato anche un terzo aspetto: il paradosso del QE. Questa manovra agisce sui titoli di Stato e quindi in teoria esercita una spinta ribassista dei rendimenti. Ma se funziona, e se davvero l'inflazione riparte, i tassi nominali dei titoli di Stato non possono che salire (proprio per adeguarsi alle nuove stime inflative e per evitare un calo dei rendimenti reali). Soprattutto se poi la Banca Centrale di riferimento lascia sciolte le briglie della volatilità, come ha sostanzialmente fatto ieri Draghi".
Concludiamo dicendo che in tutto ciò la Grecia c'entra poco, o almeno c'entra indirettamente: bisogna guardare più all'euro e alla sua risalita dovuta appunto alla ripresa dell'inflazione e dell'economia europea.