13 agosto 2015

Svalutazione dello Yuan, la Cina Insiste: Petrolio Giù, Oro Su, Euro e Borsa Stabili

La Cina ha svalutato il renminbi, la sua moneta detta anche yuan, tre volte nel giro di tre giorni, l'11 e il 13 agosto: il Dragone cinese resta protagonista -in negativo- della finanza mondiale dopo lo shock in Borsa di un mese fa e l'attacco speculativo sul mercato dell'oro del 20 luglio. La Banca Centrale Cinese ha svalutato lo yuan sul dollaro dell'1.9%  martedì, dell'1.6% mercoledì, dell'1.1% giovedì, facendo impennare il cambio USD/CNY dal 6.20, a cui era ancorato da mesi, all'attuale 6.39 (ore 12.00 del 13 agosto, alle 09.00 toccata quota 6.42), dopo che nelle ultime ore ha toccato anche quota 6.44 abbondanti (lo yuan è ancorato al dollaro USA). I mercati azionari cominciano ad assorbire il colpo e le Borse asiatiche reggono, Tokio e Shangai in testa ed in genere gli effetti, almeno quelli di breve termine, sono modesti. Il petrolio ha perso qualcosa ma non tanto, l'euro tiene (anzi se ne frega), il dollaro incassa un po', invece l'oro in questi tre giorni è salito un po' (ma sarà una risalita momentanea).
AGGIORNAMENTO 27 agosto: dopo il crollo della Borsa di Shangai, la Cina resta protagonista delle vicende finanziarie. Nella guida Investire in Azioni, Titoli di Stato e Conti Deposito alcune indicazioni specifiche per difendersi dalle crisi dei mercati azionari.

Anche la People's Bank of China ha dichiarato di "essere in favore di un cambio stabile a un livello ragionevole e di equilibrio, con un livello coerente tra onshore e offshore, perchè i fondamentali in crescita dell'economia, il surplus commerciale, la solida posizione fiscale e le ampie riserve valutare offrono un forte sostegno al tasso di cambio" e che quindi non c'è necessità di un trend svalutativo dello yuan, i dubbi restano. Infatti i dubbi sui numeri della crescita cinese permangono, lo stesso era stato dichiarato martedì dopo la prima svalutazione e secondo indiscrezioni nel governo di Pechino c'è chi sarebbe propenso ad una svalutazione del renminbi del 10%. L'agenzia di rating Fitch evidenzia che gli ultimi sviluppi sono causati d a "più ampie pressioni sull'economia cinese" e dimostrano che Pechino resta “committed” verso riforme orientate al mercato.

Si tratta della più importante e decisa mossa di politica monetaria di Pechino, una nuova cannonata nella "guerra valutaria" in corso tra le potenze mondiali -coinvolti dollaro, euro, yen e yuan, franco svizzero, sterlina e di conseguenza le altre valute- e che potrebbe far slittare gli attesi aumenti dei tassi d'interesse della Fed USA. Il dollaro giovedì 13 sta infatti cedendo qualcosa rispetto alle altre valute.

mercati borsistici hanno subito nelle giornate di martedì e mercoledì, ma sono in ripresa e l'urto dell'improvvisa  e decisa svalutazione del renminbi cinese sta venendo assorbito, il petrolio invece incassa, mentre l'euro tiene grazie all'accordo tra Grecia e creditori sul debito di Atene e prosegue il recupero sul dollaro dell'ultima settimana portandosi mercoledì a 1.1042 (martedì anche 1.1087), nella mattinata di giovedì, dopo un massimo di 1.1188, è sceso fino a 1.111. Stesso discorso per i Titoli di Stato italiani: venduti tutti i BOT all'asta del 12 agosto con rendimenti in calo da 0.0124% a 0.011%, i Btp decennali sul mercato secondario rendono l'1.75%, ai minimi da inizio maggio con spread Btp-Bund stabile.

andamento del cambio USD/CNY
L'andamento del cambio dollaro-yuan nell'ultima settimana
e nell'ultimo anno: l'effetto della svalutazione è evidente.
Sembrava che la svalutazione dello yuan dell'11 agosto fosse una mossa una tantum, come annunciato dalla Banca Popolare di Pechino, ma poi la cosa si è ripetuta mercoledì 12: come altre banche centrali, in primis la BCE col Quantitative Easing ma anche quelle svizzera e giapponese, anche quella cinese decide di perseguire una politica monetaria svalutativa. Data la situazione, c'è chi ipotizza che la Federal Reserve non aumenterà i tassi d'interesse in autunno ma potrebbe rinviare.

Tra i motivi della svalutazione del renmimbi c'è la forza del dollaro USA a cui è ancorato e che ha colpito le esportazioni cinesi. La Banca centrale cinese ha affermato, dopo il primo taglio dell'11 agosto, che l'azione è "nell'ottica di lasciare al mercato maggiore disponibilità a determinare il cambio considerando alcuni parametri come la domanda e l'offerta".

La Cina non è certo in recessione ma l'industria manifatturiera mostra segnali di rallentamento (+6% a luglio, al di sotto delle stime), come l'export in calo dell'8.3% nell'ultimo mese e le vendite al dettaglio cresciute "solo" del 10,5%. Preoccupa anche il pericolo deflazione.

La svalutazione della moneta cinese potrà sì frenare la fuga di capitali che sta colpendo la finanza di Pechino e dare una mano alla ripresa della produzione e dell'export, ma colpirà il potere d'acquisto della popolazione locale dato l'aumento dei prezzi delle importazioni; da considerare anche l'impatto sugli approvvigionamenti di petrolio, che risulteranno di conseguenza più cari e quindi frenati: infatti, prospettando una riduzione della domanda cinese di materie prime, le quotazioni del greggio sono ribasso. Il greggio Wti tratta intorno ai 43 dollari dopo che martedì era scivolato di oltre il 4% toccando i minimi degli ultimi 6 anni: ribasso deciso l'11 agosto, poi il 12 e il 13 ha tenuto sugli stessi livelli (che appunto sono già i minimi). Il Brent invece ha retto l'impatto della svalutazione del renminbi ma già quota molto basso e in marcato trend ribassista da tre mesi, come il WTI.